Dall’inaugurazione romana dell’11 febbraio a Palazzo Bonaparte, la mostra romana “Munch. Il grido interiore” sta riscuotendo un ottimo successo. Un evento nell’evento visto che risale a decenni fa l’ultima esposizione a Roma dedicata all’artista dell’Urlo.
La tappa capitolina su piazza Venezia nelle sale di Palazzo Bonaparte, segue quella a Palazzo Reale di Milano dove la mostra ha registrato un record assoluto di visitatori.
Cento le opere di Edvard Munch prestate in via eccezionale dal Munch Museum di Oslo.
Questi capolavori popolano le sale di Palazzo Bonaparte e tra loro le celebri La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922–1924), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900–1901), Danza sulla spiaggia (1904) oltre a una delle versioni litografiche de L’Urlo (1895).
Nelle immagini qui sopra, alcuni momenti dell’inaugurazione con Iole Siena, presidente di Arthemisia, a ricevere gli invitati, primo fra tutti il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. In ultimo, la fila all’esterno di Palazzo Bonaparte per accedere alla mostra “Munch. Il grido interiore”
“Munch. Il grido interiore” è prodotta e organizzata da Arthemisia, che ha come partner primario la Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, con Poema.
La mostra, curata da Patricia G. Berman, una delle più grandi studiose al mondo dell’artista, con la collaborazione scientifica di Costantino D’Orazio, è realizzata in collaborazione col Museo MUNCH di Oslo.
L’evento gode del patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Lazio, del Comune di Roma/Assessorato alla Cultura, della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma e del Giubileo 2025 – Dicastero per l’Evangelizzazione.
“Siamo onorati ed orgogliosi di aver potuto realizzare questo grandioso progetto in collaborazione col Munch Museum di Oslo – commenta Iole Siena, presidente di Arthemisia – Munch mancava da molti decenni in Italia e il grande successo riscosso nella prima tappa a Milano ci ha confermato quanto grande sia l’amore del pubblico verso questo artista immenso, capace di darci emozioni fortissime”.
“Munch, il grido interiore”, la mostra a Palazzo Bonaparte
Tutto ruota attorno al ‘grido interiore’ di Munch, al suo saper costruire, attraverso blocchi di colore uniformi e prospettive discordanti, lo scenario per condividere le sue esperienze emotive e sensoriali: un processo creativo che sintetizza ciò che l’artista ha osservato, quello che ricorda e quanto ha caricato di emozioni.
Altre opere, invece, cercano di immortalare le forze invisibili che animano e tengono insieme l’universo.
L’inizio della sua carriera coincide infatti con cambiamenti radicali nello studio della percezione: alla fine dell’Ottocento è in corso un dibattito tra scienziati, psicologi, filosofi e artisti sulla relazione tra quello che l’occhio vede direttamente e come i contenuti della mente influiscono sulla nostra vista.
Il suo interesse per le forze invisibili che danno forma all’esperienza, condizionerà le opere che lo rendono uno degli artisti più significativi della sua epoca. Precursore dell’Espressionismo e persino del Futurismo del XX secolo nella sua esplorazione delle forze impercettibili, oggi continua a “parlare” alle visioni interiori e alle preoccupazioni anche di noi, uomini e donne dell’età moderna.
Nelle sue creazioni Munch punta a rendere visibile l’invisibile.
Prima sezione – Allenare l’occhio
Munch riteneva che la mente individuale, le visioni interiori e il recupero cosciente dei ricordi dessero forma alla percezione diretta della realtà, fino a sostituirla: “Non dipingo la natura: la uso come ispirazione, mi servo dal ricco piatto che offre. Non dipingo cosa vedo, ma cosa ho visto”.
La formazione artistica di carattere accademico che riceve in gioventù si trasforma presto in tecniche inventive capaci di esprimere i ricordi e le emozioni che sfuggono all’occhio umano.
Dopo una breve parentesi come studente di ingegneria e poi di disegno accademico nel 1880, l’artista viene rapidamente catturato dalla sfera d’influenza di Christian Krohg, autore e pittore dai toni politici e radicali, nonché di un gruppo artistico e letterario (il Kristiania Bohéme) che, secondo lo stesso Munch, contribuisce a “far maturare” le sue idee in materia di predominanza dell’esperienza interiore sulla realtà materiale.


In mostra opere del periodo come Autoritratto (1881-82), Malinconia (1900-1901) e Il circolo bohémien di Kristiania (1907).
I viaggi in Francia della sua gioventù fanno da sfondo alle sue incursioni nelle tecniche dell’Impressionismo, del Neoimpressionismo e del Sintetismo. Durante gli anni ‘90 del XIX secolo vive a Berlino, dove entra a far parte di una stretta comunità di scrittori, scienziati e libertari che studiano la teoria psicologica contemporanea e le espressioni dell’inconscio.
Ad esempio, i pochi anni che separarono i ritratti della sorella Laura (il primo nel 1882, Laura Munch, presente in mostra; il secondo nel 1900) illustrano bene il viaggio che porta il pittore dall’universo del visto a quello del non visto.
Munch presta una particolare attenzione alle immagini, ai suoni, ai colori e persino alle vibrazioni
percepibili nell’aria; è estremamente consapevole dei modi in cui le emozioni filtrano le sue esperienze del mondo, riflettendo la ricerca di Hermann von Helmholz e del filosofo William James. Nei suoi scritti annota più e più volte come la sua vista influenzi la sua esperienza sensoriale, incluso i suoni che sente e gli stati emotivi che prova, producendo capolavori come L’urlo.
Seconda sezione – Quando i corpi si incontrano e si separano
Nel 1890 Munch scrive il “Manifesto di Saint Cloud”, un testo poetico che si ritiene abbia orientato le sue scelte artistiche: “Un braccio forte e nudo; un collo possente e abbronzato; una giovane donna che reclina il capo sulle curve del seno. Chiude gli occhi ed ascolta con labbra aperte e tremanti le parole che lui sussurra nei suoi capelli lunghi e sinuosi. Vorrei dar forma alla scena come vi assisto ora, ma avvolta in una foschia azzurra. Queste due persone in tale momento in cui non sono sé stesse, ma solo uno delle migliaia di anelli sessuali che concatenano ciascuna generazione all’altra. Le persone dovrebbero comprenderne la santità, la grandiosità, e togliersi il cappello come se stessero entrando in chiesa. Ne realizzerei diversi, di dipinti simili. Non sarebbero più ambienti, o uomini che leggono, o donne che lavorano a maglia a essere dipinti, ma persone in carne e ossa, che respirano e sentono, soffrono e amano…”.


In mostra sono presenti opere come Bacio vicino alla finestra (1891), Coppie che si baciano nel parco (Fregio di Linde) del 1904 e Madonna (1895)
In un’epoca di promiscuità tanto pubblica quanto privata, la determinazione di Munch a rendere visibile quella che lui definisce la “grandiosità della sessualità” è avanguardistica e controversa.
Nonostante la misoginia di alcune sue immagini e la frequenza con cui rappresenta il rapporto tra uomini e donne come una battaglia tra i sessi, egli esprime empatia nei confronti di tutte le persone che, indipendentemente dal genere, vengono irretite dalla seduzione e rovinate dalla dissoluzione dell’amore.
Negli anni 90 del XIX secolo Munch comincia a organizzare le sue immagini di desiderio erotico, risveglio sessuale e desolazione in una serie chiamata “Amore” che sviluppa nel corso dei decenni successivi e trasforma nella serie intitolata “Il Fregio della vita”, che per lui simboleggia un ciclo essenziale della vita umana.
Terza sezione – Fantasmi
“La malattia fu un fattore costante durante tutta la mia infanzia e la mia giovinezza. La tubercolosi trasformò il mio fazzoletto bianco in un vittorioso stendardo rosso sangue. I membri della mia cara famiglia morirono tutti, uno dopo l’altro”.
Dagli anni 80 del XIX secolo, a partire da La bambina malata, le opere di Munch iniziano a raccontare i suoi ricordi manipolati attraverso la pittura e la scrittura, un’attitudine che durerà per tutto il resto della sua vita.
Durante l’infanzia sperimenta perdite molto importanti: la madre muore di tubercolosi quando Edvard ha appena cinque anni, mentre sua sorella maggiore Sophie, con cui condivide un rapporto speciale, è portata via dalla stessa malattia un mese prima che l’artista compia tredici anni. Il decesso del padre sopraggiunge, poi, mentre il pittore si trova in Francia, e il fratello Peter Andreas muore ad appena trent’anni, negli anni 90 del XIX secolo. Munch filtra il lutto della sua famiglia in alcuni dei suoi motif più toccanti.
Se le raffigurazioni sentimentali della malattia erano popolari nei paesi nordici, le immagini di Munch sono, di contro, cariche dell’agonia che si prova nel guardare qualcuno morire, e della lotta con la morte che immagina i malati debbano affrontare. Le sue rappresentazioni di allucinazioni, ombre allungate dietro alle figure e rivoli di pittura che evocano l’immagine di corpi che si dissolvono, vogliono suggerire il modo in cui i pazienti fanno esperienza del mondo.
In questa sezione sono presenti opere celeberrime, tra le altre, come Sera. Malinconia (1891), Disperazione (1894) L’urlo (1895), Lotta contro la morte (1915) e La morte nella stanza della malata (1893)
Nei suoi scritti, Munch dichiara esplicitamente che i ricordi sono strumentali nel suo lavoro: l’atto di
richiamare le proprie memorie gli consente di liberarsi dei dettagli superflui e identificare i momenti più significativi e importanti del suo passato: quasi una caccia ai fantasmi, per esempio in occasione della realizzazione della scenografia per la rappresentazione berlinese della sceneggiatura di Henrik Ibsen intitolata, appunto, Spettri.
Quarta sezione – Munch in Italia
Un aspetto poco conosciuto del lavoro di Munch è il suo debito verso l’Italia. Il suo primo viaggio nella Penisola risale al 1899, assieme alla sua amata Tulla Larsen, e comincia subito con il piede sbagliato: “Sarebbe dovuto andare a Parigi”, scrive l’artista utilizzando la terza persona, “Ma la sua salute non glielo permise, e forse l’Italia gli avrebbe giovato, quindi si diressero insieme a Firenze. Malattia, alcol, disastri: questo fu il viaggio a Firenze”.
Dopo la partenza della Larsen, però, Munch si dirige a Roma dove si confronta profondamente con le tradizioni italiane. Su tutto questo Munch le scrive: “Al momento mi trovo tra Firenze e Milano. Ed è con emozioni contrastanti che… lascio una fase in Italia e una nuova grande fase a Nord”.

In questa sezione La tomba di P.A. Munch a Roma (1927) che ritrae uno scorcio del cimitero acattolico romano dove è sepolto lo zio (storico norvegese considerato il fondatore della scuola di storia norvegese) e Ponte di Rialto, Venezia (1926)
Questa nuova fase, in parte ispirata dall’arte di Raffaello, include l’elaborazione del suo Fregio della vita in un allestimento architettonico narrativo. Anche i dipinti monumentali successivi devono un tributo al Rinascimento italiano: “Penso alla Cappella Sistina… Trovo che sia la stanza più bella al mondo”.
Munch torna in Italia nel 1922 (“più gloriosa che mai”) e trascorre un giorno a esplorare la Basilica di
Sant’Ambrogio a Milano.
Nel 1927 passa un mese a Roma e, in occasione di tale viaggio, si reca in pellegrinaggio al Cimitero Acattolico per visitare la tomba dello zio, Peter Andreas Munch, lo storico più famoso di tutta la
Norvegia. P. A. Munch, morto a Roma lo stesso anno della nascita di Edvard, è un accademico di tale
rilievo da rientrare nel gruppo dei primissimi studiosi non cattolici a cui è consentito l’accesso agli archivi vaticani.
Munch cerca inoltre ispirazione tra i tesori di Roma: “Dato che sto lavorando con i grandi formati, per me è fondamentale poter ammirare gli affreschi di Michelangelo e Raffaello”, annota.
Quinta sezione – L’universo invisibile
Un collega di Munch ricorda di avergli sentito affermare: “La terra è un gigantesco atomo vivente…Ha pensieri e una volontà; le nuvole sono il suo respiro, i temporali i suoi sbuffi profondi, la lava rovente il suo sangue brillante. Perché, allora, non dovrebbe anche il Sole avere una volontà, grazie a cui irradia la luce di cui è ricco in tutto lo spazio? Tutto ha vita e volontà e movimento, le rocce e i cristalli quanto i pianeti”.
Per Munch la Terra è un elemento dotato di coscienza e respiro. Come molti altri intellettuali del suo tempo, egli segue il dibattito in corso in merito al rapporto tra scienza, tecnologia, religione e misticismo.
È attratto dalla dottrina del monismo, secondo la quale la mente e la materia, le forze invisibili e il mondo materiale convergono. Uno dei teorici più influenti di questo sistema di pensiero è Ernst Haeckel, scienziato tedesco specializzato in anatomia comparata e uno dei primi promotori in Europa del Darwinismo.
Secondo il monismo una forza permea l’universo e anima i rapporti evolutivi che correlano
gli esseri viventi e la materia inanimata.


In mostra nella quinta sezione, Uomini che fanno il bagno (1913-1915), Onde (1908) e Il falciatore (1917)
La cosmologia personale di Munch è modellata sulla base dell’idea che l’ambiente fisico e i corpi delle creature agiscano gli uni sugli altri, permettendo alle energie invisibili (come le radiazioni solari, l’elettromagnetismo, la telepatia, la crescita cellulare) di interagire con il mondo visibile: “Oggi ho sentito una conferenza alla radio sulla materia e le onde elettromagnetiche della luce. Il docente ha presentato le ultime conclusioni: in poche parole, la luce è composta da onde e, pertanto, anch’essa è materia. Questo è esattamente quello che avevo scritto nel mio diario venti o trenta anni fa: avevo scritto che tutto si muove e che il fuoco della vita può essere trovato persino nella pietra”.
Sesta sezione – Di fronte allo specchio (Autoritratto)
Munch è stato un prolifico creatore di autoritratti, proprio come Rembrandt e Picasso. Questo tipo di soggetto offre al pittore il modo di esplorare l’espressione, la postura, i piani di luce e ombra e altre caratteristiche del soggetto umano grazie ad un modello sempre disponibile e a basso costo: sé stesso.
Gli autoritratti possono anche essere un veicolo di auto-invenzione ed espressione dell’identità artistica, una dimensione che Munch esplora servendosi di una teatralità eccezionale.
L’artista posa sempre con grande originalità davanti allo specchio, una sorte di oggetto di scena che gli permette di assumere il ruolo di diversi personaggi: la litografia del 1895 paragona l’artista ad uno spettro simbolista, come se stesse osservando il mondo da una lapide, con la testa immersa nel vuoto, incorniciata da un’iscrizione e da un braccio scheletrico. Nel 1903 il pittore inserisce il suo corpo nudo tra le fiamme dell’Inferno.
Espone molti suoi autoritratti alternandoli con altri suoi temi che sceglie, di volta in volta, per condividere il suo stato psicologico. Al contempo, tali immagini, per quanto fittizie, conferiscono autenticità al resto delle sue opere.
Invecchiando Munch tiene progressivamente traccia degli effetti causati dall’impietoso passare del
tempo: il suo Il viandante notturno (1923-24) raffigura l’artista che sbircia da un lato della composizione, come una vittima dell’insonnia che vaga tra le stanze della propria casa.
A settant’anni, Munch si rappresenta come una figura instabile ne Autoritratto tra il letto e l’orologio (1940-1943) con le sue mani prolifiche che penzolano inerti ai lati del corpo. In tal senso lo specchio è uno strumento molto peculiare, suo complice durante i tentativi di auto-invenzione.
Settima sezione – L’eredità di Munch
In tutta la sua carriera Munch è stato un grande sperimentatore, che ha saputo intrecciare numerose forme di creatività: dalla pittura classica al cinema, dall’incisione alla fotografia, la sua ricerca ha mantenuto una straordinaria coerenza ed un potere evocativo ancora oggi estremamente contemporaneo.
In mostra sono raccolti alcuni suoi capolavori che permettono di rileggere attraverso precise scelte compositive il suo immaginario disturbante, inquieto, eppure seducente. sono paesaggi accomunati dalla sua personale e innovativa costruzione dello spazio, risolta attraverso la progettazione di una prospettiva irregolare, definita spesso da un elemento architettonico che proietta il nostro sguardo con decisione all’interno del quadro.
Accade con la balaustra nel dipinto Donna sui gradini della veranda (1942), con il viale nel Muro di casa al chiaro di luna (1922-1924) o con la staccionata ne Le ragazze sul ponte (1927).
Sono elementi che invitano ad entrare nella scena e partecipare con maggiore coinvolgimento
all’emozione che la pervade.
Dopo aver studiato con attenzione la grande tradizione rinascimentale nei suoi viaggi in Italia e aver
assorbito le novità dirompenti del Postimpressionismo di Cézanne, Gauguin e Van Gogh, dopo aver
interagito con la generazione emergente degli espressionisti, Munch riesce ad inaugurare un linguaggio personale, in cui applicare con una certa libertà controllata regole geometriche inedite, dove il colore, steso in campiture ampie e decise, assume un potere straordinario.
La sua ricerca, ancora oggi in parte da spiegare, costituisce la premessa per la nascita delle Avanguardie che nel XX Secolo porteranno gli artisti a cercare soluzioni sempre più radicali, spesso non apprezzate dal pubblico nell’immediato, ma destinate a definire il nostro immaginario e diventare gli strumenti migliori per raccontare le nostre emozioni più profonde.
La mostra vede come sponsor Generali Valore Cultura e Statkraft, special partner Ricola, mobility
partner Atac e Frecciarossa Treno Ufficiale, media partner la Repubblica, hospitality partner Hotel de
Russie e Hotel de la Ville, sponsor tecnico Ferrari Trento e radio partner Dimensione Suono Soft.
Munch. Il grido interiore
Roma, Palazzo Bonaparte
Spazio Generali Valore Cultura
Piazza Venezia, 5 (angolo con via del Corso)
Date al pubblico
11 febbraio 2025 – 2 giugno 2025
Informazioni e prenotazioni
Tel.: +39 06 87 15 111
www.arthemisia.it
www.mostrepalazzobonaparte.it
info@arthemisia.it
ORARIO APERTURA
dal lunedì al giovedì 9 – 19,30
venerdì, sabato e domenica 9 – 21
(la biglietteria chiude un’ora prima)
+ Aperture straordinarie
Venerdì 14 febbraio 9 – 23
Sabato 15 febbraio 9 – 23
Venerdì 21 febbraio 9 – 23
Sabato 22 febbraio 9 – 23
Venerdì 28 febbraio 9 – 23
Sabato 1° marzo 9 – 23
Dal 18 al 27 aprile 9 – 21
Dal 1° al 4 maggio 9 – 21
Dal 30 maggio fino al 1° giugno 9 – 23
Lunedì 2 giugno 13 – 00.00
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Biglietti
Open € 22 dal lunedì al venerdì, € 25 valido sempre
Intero € 18 dal lunedì al venerdì, € 20 sabato, domenica e festivi
Ridotto € 17 dal lunedì al venerdì, € 19 sabato, domenica e festivi