Dicembre 2008, uno sguardo al passato di Roma rivivendo momenti estremamente difficili. In questo caso è un passato non troppo lontano, risale a un fatto di 16 anni fa.
Violente piogge per ore e un canale che attraversava la Tiburtina travolse tutto con acqua e fango. A subirne le conseguenze diversi quartieri e l’area industriale di via di Scorticabove, appena dentro al Grande Raccordo Anulare. Il canale straripò improvvisamente alle 8,30 di giovedì 11 dicembre 2008.
Fu un momento difficile per buona parte di Roma, soprattutto la fascia Nord, quelle aree attraversate da Aniene e Tevere, le prime a essere colpite, con più forza, dall’esondazione dei due fiumi. Senza contare che l’acqua riversata a terra per le grandi piogge non trovò sfogo nelle caditoie e nei chiusini delle strade, sistemi intasati da tempo. Esempio fra i più evidenti sulla Nomentana.
Le foto qui pubblicate su di via Scorticabove e d’intorni ritraggono momenti in cui le acque si erano solo in parte ritirate, il livello era sceso di almeno un metro o più. Andare in quell’area, fare foto e parlare con la gente fu estremamente difficile. Osservare e parlare con imprenditori in ginocchio, fu terribile.
In alcuni tratti si passava solo su gommoni quando non erano possibile entrare calzando alti stivaloni di gomma. Con un’auto normale non era neppure ipotizzabile.
Unica nota che mi fece sorridere fu durante la visita dell’allora sindaco Alemanno, il 14 dicembre. Vedere i giornalisti arrancanti e bagnati fino al midollo, comprese alcune colleghe in stivaletti fashion con tacchetto: dopo erano un vero disastro, con numerosi spruzzi di fango sui jeans firmati.
Alcuni motivi determinanti di questo caos?
Decenni di incuria del canale, di mancata periodica pulizia con dragaggio del fondo ricolmo di terra, fango e rifiuti di vario tipo. L’invaso era ostruito da vegetazione e alberi cresciuti nello stesso letto del corso d’acqua la cui portata era ormai estremamente ridotta. Ovvie le conseguenze e il disastroso allagamento di quel giorno.
Eppure da tantissimo tempo erano state fatte segnalazioni per avviare una profonda pulizia del corso d’acqua.
Il canale quindi non veniva ripulito da tempo immemorabile. Dentro era pieno di detriti, persino carcasse di auto, muri di fango. Il fondo ricolmo di detriti si era rialzato per gli accumuli pluriennali. Il canale non consentiva più lo sfogo delle acque che, oltretutto, secondo il lontano e originario progetto, dovevano essere riversate in un bacino d’emergenza grazie anche a grandi pompe idrauliche. Queste ultime, purtroppo, non funzionarono, erano rotte, bloccate, senza manutenzione da anni.
Il risultato fu che decine di imprese finirono sott’acqua insieme ad alcune abitazioni.
Qui sopra immagini sugli interventi d'emergenza e sullo svuotamento del canale giorni dopo lo straripamento in zona via di Scorticabove. Era il 14 dicembre 2008, ma dall'11 dicembre gli imprenditori e i dipendenti hanno cercato di fare da soli piuttosto che lasciare tutto a marcire (nei tre giorni di latitanza VVFF e forze dell'ordine erano state concentrate altrove, lungo il Tevere). La paura immediata era che nuove piogge potessero portare a nuovi allagamenti.
Nelle foto anche le ruspe a lavoro mentre iniziarono la pulizia del canale: tutta quella terra e quella vegetazione lì non ci dovevano stare, altrimenti era inutile avere un corso che avrebbe dovuto raccogliere le acque piovane e di scarico evitando gli allagamenti...
Immaginatevi i capi d’abbigliamento di un magazzino appartenente a un marchio importante, il materiale cartaceo di una grande tipografia, libri, giornali, riviste. Poi le potenti, ma delicate, macchine di precisione per la lavorazione di metalli di un’azienda che produceva elementi meccanici. Era tutto da ripulire e liberare dall’acqua, dal fango che aveva impregnato tessuti, che si era infilato nei circuiti elettrici ed elettronici, fra micro e grandi ingranaggi. Fango che aveva ulteriormente intasato i tombini.
Un vero e proprio disastro.
E non vi dico per quanto tempo quelle aziende penarono per avere gli indennizzi, quelle risorse che le istituzioni, a cominciare da quelle comunali, avevano assicurato come priorità.
Le imprese dovevano ristrutturare per riaprire le attività ricominciando a lavorare il più in fretta possibile. Tanti destini erano appesi a un filo, a promesse poco concrete, alle lungaggini burocratiche senza senso. La gravità della situazione metteva in pericolo le imprese e il lavoro, il guadagno di centinaia di lavoratori e delle loro famiglie…
Furono giorni di grande pericolo, lo stesso fiume Aniene esondò e il Tevere era al limite avendo invaso le campagne intorno a Roma, trattenuto a stento dagli argini centrali dell’Urbe.
Questo gruppo di foto ritrae la situazione di quel dicembre 2008. I primi due scatti sono della collega Luciana Miocchi dall’area di Settebagni, periferia di Roma Nord lungo la Salaria.
A seguire immagini dalla zona che gravita fra la stazione Ponte Mammolo della Metropolitana di Roma al quartiere Colli Aniene fra Tiburtina e bretella urbana dell’autostrada A24, con l’intervento di uomini della Protezione Civile.
Poi l’antico Ponte Nomentano con la sommità dell’arcata centrale raggiunta dell’acqua dell’Aniene, la tragica situazione della Nomentana dove l’intasamento del sistema di raccolta delle acque favorì l’immersione della strada e di parte del quartiere Talenti (garage e negozi allagati). A seguire, uno stop della colonna dei mezzi dei Vigili del Fuoco lungo la Flaminia verso Roma: erano diretti ai nodi più critici.
Le ultime tre foto ritraggono la situazione a Ponte Milvio.