Quarta edizione della più importante Fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea del Centrosud Italia, alla Nuvola di Fuksas
di Maurizio Ceccaioni
In pieno corso all’Eur Roma di Arte in Nuvola, quarta edizione della più importante Fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea del Centrosud. Come ormai consolidato, ad ospitare l’evento sono gli spazi espositivi del Centro congressi la Nuvola. Organizzata e realizzata da Creare Organizzare Realizzare (Cor) con la direzione artistica di Adriana Polveroni, la Fiera ha avuto il sostegno della Regione Lazio e Roma Capitale, il Ministero della Cultura, la Direzione Generale degli Archivi di Stato, la Fondazione MAXXI, il Museo delle Civiltà e l’Istituto Centrale per la Grafica. Main sponsor Banca Ifis, che nell’occasione ha allestito uno spazio espositivo con dodici busti di sua proprietà ritrovati e restaurati, realizzati da Antonio Canova.
Paese ospite 2024 di questo polo di riferimento del collezionismo italiano è il Portogallo, presente con “Uma Volta ao Sol” (Un giro attorno al sole), una mostra con una selezione di opere di giovani artisti provenienti dalla Collezione d’Arte Contemporanea Statale curata da Sandra Vieira Jürgens.
L’inaugurazione per stampa e autorità c’è stata giovedì 21. Presenti tra gli altri l’on. Federico Mollicone, presidente della VII Commissione della Camera (Cultura, Scienza E Istruzione); l’assessore alla cultura di Roma Capitale Massimiliano Smeriglio; il presidente di Eur Spa, Enrico Gasbarra; l’ideatore e direttore di Roma Arte in Nuvola, Alessandro Nicosia.
Nei circa 26mila mq di superficie del Centro congressi progettato da Massimiliano Fuksas e di proprietà di Eur Spa, fino a domenica 24 novembre saranno visibili le opere messe in mostra dalle 140 gallerie d’arte nazionali e internazionali selezionate. Si tratta di centinaia di quadri, sculture, installazioni, collage e molto altro, prodotte in diverse forme e realizzate tecniche e materiali diversi, come le cassette in legno per la frutta usate nell’installazione “Casa senza titolo, di Sislej Xhafa, 1999”, proveniente dalla collezione del MAXXI e che vedi subito salendo Piano Forum, dov’è gran parte dell’esposizione. Tra la lunga teoria di stand si passa accanto una grande parete arricchita da una raccolta di oltre duecento tra disegni, bozzetti, schizzi e acquarelli che riportano ad altri tempi e hanno come tema dominante la storia naturale. A realizzarli è stato il duo artistico Maristella Scala e Simeone Crispino, in arte i Vedovamazzei.
Si è parlato di nuove forme d’arte, realizzate talvolta con plastiche polimeriche, sabbie, polvere di quarzo, marmo, vetro e metalli, ceramica e terracotta, colori acrilici, smalti, ad olio ed acquerello.
Ma anche di composizioni con tecnica mista realizzate con schiume poliuretaniche ed altri materiali plasmati con le mani, trattati con smalti e spesso arricchiti con foglia d’oro o d’argento. Come usa fare per le sue bellissime sculture e bassorilievi Caterina Magri, artista “istintiva” nata a Fiuggi, che ha scoperto in età già adulta come l’arte fosse per lei una esigenza quotidiana di vita. Tecniche miste come il Colosseo de “La mia Roma#1” di Massimo Catalani, realizzato con polvere di Carrara, sabbia e sale fotoluminescente. Oppure il collage “Paredes” dell’argentino Michel Oz, composta da due installazioni di oltre tre metri realizzate con pezzi di poster e manifesti provenienti da molte parti del mondo e l’intenzione di riprodurre una parete di un muro metropolitano con i suoi cambiamenti nel corso del tempo.
Ci sono le porcellane di Yuriko Damiani, realizzate e decorate espressamente con una sua tecnica personale, per completare l’opera con la tecnica del Kintsugi (riparare con l’oro), che consiste nel ricomporre un’opera frammentata laccando i frammenti con della lacca urushi, dal colore tendente all’arancione, facendo poi penetrare nelle crepe della polvere d’oro o d’argento per metterle in risalto. Si passa dallo “stile impressionista” di Alessandro Giusberti come in London Blue 2024, alle rigide geometrie dei paesaggi urbani della Roma di Mauro Reggio, dove il grigio dello smog lascia posto alle tinte forti. Ci sono le immagini dei corpi disegnati da Valentina Biasetti e le opere dello scultore contemporaneo polacco Pawel Orlowski presso lo stand della Van Rij Gallery di Cracovia, con la particolare tecnica adottata e i materiali usati per la realizzazione.
Incontri anche i collage e décollage di Nello Petrucci esposti nella “Ticinese Art Gallery. Artista e regista, Petrucci si è fatto conoscere per le diverse tecniche usate sia nella pittura che nella street art, ma anche nella scultura. Poco distante, su una parete affidata alla galleria Arte in Salotto di Milano, spiccano le eleganti quattro opere pittoriche di Manù Brunello, raffiguranti le Geishe Amaya e Arubi. Altra tecnica è quella usata dallo scultore fiorentino Matteo Pucci Moraldi, con le sue opere realizzate usando cemento fuso, resina e vetro. Lì vicino, da Candy Snake, i ritratti surreali ad olio di Agostino Rocco.
Gli spazi limitati della scrittura impongono delle regole limitative, ma di due esposizioni in particolare mi soffermerò a parlare. Si tratta sì di arte, ma alla base ci sono delle storie di vita che hanno poi orientato gli artisti nelle loro scelte. La prima riguarda Marta Czok, artista nata a Beirut da una famiglia di rifugiati polacchi e cresciuta poi a Londra prima di stabilirsi definitivamente nel nostro Paese, a Castel Gandolfo (Rm), dove vive e lavora. Lo stand è quello della Fondazione Marta Czok, e presentare l’artista, è il marito, manager e presidente della Fondazione, Valter Scarzo. Un’opera d’arte cela spesso delle verità nascoste tra le sue raffigurazioni, che siano esse metafore, simboli o allegorie che, se ben interpretate possono rivelarsi messaggi in una bottiglia lasciata nel mare.
Per esempio, nei quadri esposti rivedo la satira di Botero, come quella satira che ha caratterizzato in alcuni momenti l’arte pittorica, a far data dal XVI secolo, quando comparve un’opera del 1586 di un anonimo fiammingo. Si tratta di un Olio su pannello 39,4 x 49,5 che ironizzava sia sulla regina d’Inghilterra che sul re Filippo II di Spagna e Guglielmo d’Orange. Il titolo? “Elisabetta I alimenta la mucca olandese”.
Dopo i primi successi negli anni 80, le sue opere sono salite rapidamente nelle quotazioni ed oggi sono collezionate in tutto il mondo. La Fondazione a lei intitolata è nata proprio per non far dissolvere questo patrimonio artistico e avere a cuore il problema dell’immigrazione, dando a giovani promesse la possibilità di realizzarsi. Oltre al Project Space di Venezia, la Fondazione ha un ufficio a Londra che si occupa di progetti artistici e culturali e una Collezione Permanente nel centro storico di Castel Gandolfo, con le principali opere di Marta Czok dagli anni Ottanta a oggi.
Di Nicola Filia, artista, scultore e ceramista, mi hanno attratto e incuriosito lungo il passaggio le sue opere, richiamo ad un non molto lontano mio passato lavorativo come comunicatore nel mondo dell’industria. Il suo lavoro è infatti fortemente legato alla sua città d’origine, Carbonia, città delle sue origini nata durante il fascismo per sfruttare una risorsa importante, allora come oggi che è il carbone. Quello stesso “oro nero” per cui morirono nella miniera belga di Marcinelle 136 lavoratori italiani emigrati per fame, su 262 morti. Quel carbone che ha mietuto migliaia di vittime tra quei minatori che abbandonarono campagne e pastorizia credendo di aver trovato la possibilità di cambiare la loro vita nelle miniere del Sulcis, senza sapere che la loro vita si sarebbe fermata in media a 40 anni, per silicosi.
Le sue opere – come “Essere Terra” – parlano degli effetti nocivi sull’ambiente prodotti dall’uomo e riproposti con forza nelle opere di questo orgoglioso artista sardo, che nelle sue rappresentazioni sembra proporre una visione della disumanizzazione del nostro mondo che forse non è mai stato civile, ma fobico. Ossessionati dall’avere più che dall’Essere, chiusi in agglomerati urbani intesi come soffocanti realtà dove l’Altro non è considerato. Guidati da propri schemi vitali e linguaggi interpretativi del mondo esterno, senza mai rendersi conto dell’abisso che ci aspetta al prossimo passo. Su questo concetto, le opere “Temporary City”, Olbia, 2022; oppure l’installazione “Un Bosco di Alberi Bianchi”, Porto Rotondo, 2024. Ma principalmente “Città”, una serie di opere in ceramica e smalto che raccontano il vuoto cosmico che c’è dentro un ammasso uniforme di abitazioni senza anima.
Per chi fosse interessato al suo lavoro e alle sue opere: https://nicolafilia.com/collection/