“La cattura di San Pietro”, tela attribuita al pittore senese Rutilio Manetti (1637-39), rubata da un castello del Torinese nel 2013, sta al centro del cosiddetto Caso Sgarbi. Il Reparto Operativo dei Carabinieri TPC-Tutela Patrimonio Culturale ha concluso la fase operativa delle indagini verificando l’esattezza degli elementi per l’incriminazione di Vittorio Sgarbi. Tutto è stato coordinato dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Macerata che ha formalmente chiuso le indagini dando il via all’iter che dovrebbe portare alla fase del giudizio.
L’indagato sarà chiamato a rispondere dei reati di riciclaggio e autoriciclaggio di beni culturali, contraffazione di opere d’arte. In particolare:
- del delitto di cui all’art. 648 bis c.p. (ora art. 518 sexies c.p. – riciclaggio di beni culturali) per condotte poste in essere nei primi mesi del 2019;
- del delitto di cui all’art. 178 D. Lgs 22 gennaio 2004, n. 42 (ora 518quaterdecies c.p. – contraffazione di opere d’arte) per condotte poste in essere tra ottobre e novembre 2020;
- del delitto di cui all’art. 648ter.1. c.p. (ora art. 518septies – autoriciclaggio di beni culturali) per condotte poste in essere nel periodo compreso tra l’08-12-2021 e il 2-10-2022.
Dai rilievi e dalle analisi tecniche è emerso che il dipinto rubato fu manomesso-taroccato in alcuni suoi particolari, operazione fatta su commissione di Sgarbi in modo da farlo apparire un’opera differente dall’originale trafugate al castello di Buriasco il 14 febbraio 2013.
Nel 2021 l’opera era stata presentata da Vittorio Sgarbi in una mostra che si stava svolgendo a Lucca. Ma il critico d’arte vi portò una copia fatta da una stamperia ad altissima precisione: appare evidente in basso un errore nella stampa della riproduzione. Leggendo il catalogo e stando alle dichiarazioni di Sgarbi, proveniva dalla collezione di Villa Maidalchina di Viterbo, acquistata nel 2000 da Rina Cavallini, madre del critico d'arte
Evidenti molte somiglianze fra il quadro in possesso dell’ex sottosegretario alla Cultura e quello rubato a Buriasco nel 2013.
Lo stesso Vittorio Sgarbi ha sempre affermato che il dipinto in suo possesso e quello rubato sono due quadri distinti, pur molto simili. L’unica differenza evidente è appunto la presenza nella parte alta sinistra (per chi guarda) della rappresentazione di una fiaccola.
Per quanto riguarda la fase del furto, questo reato è caduto in prescrizione proprio perché è avvenuto nel 2013: non è più possibile indagare accertando le responsabilità…
Volendo essere chiaro agli occhi del lettore è bene lasciare libera visione alle nude parole della Procura della Repubblica del Tribunale di Macerata che ha diffuso un suo comunicato stampa.
(parte 1 del comunicato) – “[…] L’attività investigativa condotta dal Reparto Operativo dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, sotto il coordinamento della Procura, trae origine da alcune dichiarazioni rese dall’ex restauratore bresciano della famiglia Cavallini-Sgarbi, inizialmente raccolte nell’ambito di un altro fascicolo processuale e poi confluite nel presente procedimento, che hanno determinato l’apertura di un nuovo versante d’indagine riguardante l’opera raffigurante “La cattura di San Pietro”, attribuita al pittore senese Rutilio Manetti, ricevuta e restaurata dal libero professionista tra il 2015 e il 2016 su incarico di Vittorio Sgarbi.
Dai preliminari accertamenti i Carabinieri TPC ipotizzavano che il dipinto potesse corrispondere a quello censito nella “Banca Dati delle opere d’arte illecitamente sottratte”, in uso al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, quale provento del furto commesso da ignoti il 14 febbraio 2013 presso un castello di Buriasco (TO) in danno di privato cittadino.
Determinante risultava l’esito della perquisizione eseguita a carico del critico d’arte, nel corso della quale veniva rinvenuta l’opera del Manetti ed anche la copia in 3D della medesima opera, procedendo anche al sequestro della cornice, del telaio e dei frammenti di tela lasciati dagli autori del furto presso il castello di Buriasco, elementi successivamente sottoposti all’attenzione del consulente tecnico.
Come confermato dalla relazione tecnica redatta dall’esperto, nominato tra il personale specializzato dell’Istituto Centrale per il Restauro di Roma (ICR), l’opera restaurata, confrontata con i frammenti di dipinto, le immagini acquisite agli atti processuali e censite nella Banca Dati TPC, risultava essere proprio quella asportata a Buriasco, sebbene il dipinto presentasse l’aggiunta nel tratto pittorico di una torcia nella parte in alto a sinistra della tela”.
Macerata, 24 ottobre 2024
(Procura della Repubblica presso il Tribunale di Macerata)
(parte 2 del comunicato) – “Le investigazioni hanno permesso, quindi, di acclarare che l’operazione di “maquillage” era stata commissionata direttamente da Vittorio Sgarbi al pittore Pasquale Frongia, contraddicendo la versione fornita pubblicamente dal critico d’arte sulla provenienza del dipinto, ovvero il casuale rinvenimento dell’opera all’interno di “Villa Maidalchina” di Viterbo, acquistata dai suoi familiari nel 2000.
I risultati degli accertamenti tecnico-scientifici hanno evidenziato, infatti, che il dipinto in argomento coincide, per materiali, tecnica esecutiva e morfologia del degrado, con i frammenti consegnati dal denunciante del furto. Lo stesso consulente tecnico riscontrava, inoltre, la correlazione dello schema di assemblaggio delle pezze di tela su cui è stato realizzato il dipinto con i frammenti presenti sulla cornice, la perfetta sovrapponibilità dei bordi della tela con quelli ancora presenti sul telaio, ed anche la corrispondenza del frammento staccatosi all’atto del furto nel castello di Buriasco con il disegno del dipinto.
Per quanto concerne le eventuali modifiche o aggiunte apportate all’impianto pittorico originario, l’esperto dell’ICR accertava che nella parte superiore sinistra del dipinto erano stati realizzati nuovi elementi pittorici utilizzando pigmenti di produzione industriale, ossia la fiaccola accesa, il chiarore intorno ad essa e le stesure che definiscono il contorno della colonna.
Il quadro investigativo è stato completato grazie alle attività tecniche e alle dichiarazioni rese dal pittore Pasquale Frongia nel corso del relativo interrogatorio, durante il quale lo stesso ammetteva di aver realizzato sul dipinto la torcia su incarico di Vittorio Sgarbi.
L’attività d’indagine ha permesso, inoltre, di accertare che presso la mostra “I Pittori della luce, da Caravaggio a Paolini”, curata dallo stesso Sgarbi e allestita a Lucca presso l’ex Cavallerizza da dicembre 2021 a ottobre 2022, al posto dell’opera originale era stata esposta, su commissione del citato critico d’arte, la copia in 3D realizzata dal laboratorio di stampa G-Lab di Correggio (RE). Questa circostanza veniva confermata dagli accertamenti tecnici eseguiti dal Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche dell’Arma dei Carabinieri.
L’avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso da questo ufficio è già stato notificato all’indagato e ai suoi difensori di fiducia”.
Macerata, 24 ottobre 2024
(Procura della Repubblica presso il Tribunale di Macerata)
Comunque, il critico d’arte ed ex sottosegretario alla Cultura non demorde.
In questa fase Vittorio Sgarbi ha ribadito la sua posizione: “I miei difensori, il Prof. Avv. Alfonso Furgiuele e l’Avv. Giampaolo Cicconi, sono impegnati a ricostruire la realtà dei fatti oggetto delle contestazioni, che ritengo comunque infondate. Ribadisco la trasparenza e la correttezza delle mie condotte. Ho quindi piena fiducia nei giudici che dovranno valutare il risultato delle indagini. Respingo infine le parziali e fuorvianti ricostruzioni di certa stampa alla quale non interessa la verità dei fatti ma accreditare come vere le ipotesi dell’accusa”.