In dodici, tra italiani e albanesi, sono finiti in manette perché sospettati di essere protagonisti, in diversi ruoli, nel traffico di sostanze stupefacenti e spaccio tra Rocca di Papa, Monte Compatri, Grottaferrata in provincia di Roma e Rosarno in provincia di Reggio Calabria. A fermarli ci hanno pensato i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma con il supporto dei militari del Comando Provinciale di Reggio Calabria dando esecuzione a un’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma.
L’operazione, denominata “Pilot”, ha avuto origine da alcune risultanze investigative provenienti dalla più ampia indagine denominata “Tritone”, quella condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma che a febbraio 2022 permise di fermare un’organizzazione della ‘ndrangheta nei comuni di Anzio e Nettuno: quel gruppo non si dedicava solo al traffico di sostanze stupefacenti, ma anche a condizionare la vita politica locale e a controllare le attività economiche e gli affidamenti degli appalti locali.
Nell’indagine del 2022 era stato documentato come uno degli ‘ndranghetisti, importatore di grandi carichi di narcotico dal Sud America, riuscì a moltiplicare i suoi guadagni espandendo la propria attività di vendita di droga dai comuni di Anzio e Nettuno a quelli di Rocca di Papa e di Grottaferrata intrecciando i propri affari con quelli di un gruppo di almeno 12 persone, tra cittadini italiani e albanesi, gli stessi che sono entrati nel mirino delle indagini e che si sono appena concluse con l’arresto di questa dozzina di trafficanti.
Le indagini condotte dai Carabinieri nel periodo compreso tra luglio 2019 e settembre 2020 grazie a intercettazioni telefoniche, ambientali e servizi di osservazione, hanno consentito di ricostruire numerose vendite di cocaina eseguendo contemporaneamente sei arresti in flagranza di reato come riscontro degli elementi acquisiti. Fu provata anche le capacità logistiche del gruppo di trafficanti: per l'importazione dei carichi di narcotico poteva usare un'aviosuperficie nel comune di Nettuno e un pilota che utilizzava un aereo privato. In più, adoperavano smartphones criptati per eludere le investigazioni, ma pure vetture a noleggio che sostituivano periodicamente per evitare l’installazione di microspie.
Oltre che nell’acquisto di successive partite di cocaina da piazzare nel mercato locale, i trafficanti reinvestivano il ricavato dallo spaccio di droga anche nel sostegno economico ai membri del gruppo che venivano arrestati (come nel caso di uno di loro che era stato convinto ad assumersi la colpa dello stupefacente trovato dai carabinieri durante le indagini).
Denaro che usavano anche nell’acquisto di locali pubblici romani e nell’organizzazione di feste.